entriamo in teatro...
Oggi conosciamo la Moglie di Giobbe:
L'autore nel personaggio della moglie incarna la tentazione dell’eutanasia, della separazione indolore: la proposta dell’evasione dal dolore, per l’incapacità di affrontarlo e altre domande sulla vita...
"Ta doleur est en moi pire que la mienne...""Je souffre trop de te savoir souffrant..."
Il tempo e il dolore. Quanto ci possono cambiare? Giobbe ha cercato disperatamente di rimanere attaccato ai suoi sentimenti per sopportarlo quel dolore. Suo moglie no. È fuggita.
Ma qual è il suo dolore più grande? È la morte dei figli? Oppure vedere Giobbe sul letto di un ospedale?
O forse ancora la colpa del tradimento…difficile saperlo. Anche per lei. Quel che però chiaramente ha deciso è che il dolore non si può vivere. No, non c’è attesa nel dolore, non c’è preghiera, non c’è offerta. Ma come guarire allora?
È come staccare la crosta da una ferita prima che si sia rimarginata. Riprenderà sempre a sanguinare.
Quante volte offriamo un lenzuolo per coprire chi è nudo credendoci caritatevoli, e invece lo facciamo per non vedere le piaghe sulla sua pelle… lì sotto però continua a sanguinare.
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