Piero Jahier: testimone di un "popolo che muore in guerra perché mi vuole bene"


Piero Jahier (Genova 1884 – Firenze 1966) è stato uno scrittore e poeta italiano.
Nacque a Genova da famiglia piemontese e protestante, compì i primi studi a Torino e a Susa dove il padre, pastore valdese, era stato inviato a prestare la sua opera. La madre era di origine fiorentina e, dopo la morte del marito, si trasferì a Firenze con i sei figli.
Piero vinse una borsa di studio e si iscrisse alla facoltà valdese di teologia di Firenze e nel frattempo incominciò a lavorare presso le ferrovie.
A Firenze Jahier si trovò presto in contatto con i giovani letterati dell'epoca e iniziò a scrivere articoli su La Riviera Ligure, su Lacerba e nel 1909 iniziò a collaborare alla rivista La Voce, sulla quale scrisse numerose recensioni, articoli e testi letterari di carattere soprattutto religioso.


Nel 1916 si arruolò come volontario negli Alpini con il grado di sottotenente. Mentre era al fronte curò la pubblicazione del giornale di trincea L'Astico al quale continuò a collaborare anche a fine guerra nel suo proseguimento Il nuovo contadino.
Nel 1919 uscì la raccolta "Canti di soldati", che si ispirava al periodo vissuto in trincea, mentre l'anno successivo venne pubblicata la sua opera in prosa più famosa, "Con me e con gli alpini".
Nel 1921 con la cura delle "Lettere e testimonianze dei ferrovieri per la patria" pose termine alla sua attività creativa. Fu chiaramente antifascista e per questo suo atteggiamento fu bastonato, imprigionato e perseguitato.

("Con me e con gli alpini" - Piero Jahier)

La poesia di Jahier è stata proposta, alle generazioni venute dopo la Prima Guerra Mondiale, come un'alternativa alla "poesia pura" di gusto novecentesco e a quella neosimbolista degli ermetici, mentre alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e nel decennio successivo, essa è stata assunta come solido punto di riferimento sia morale che stilistico. 
Le immagini che Jahier ci propone si rifanno alla vita contadina e agli affetti domestici. Esse risuonano simili a canti liturgici alternanti tra la vita dei lavori dei campi e la morte dovuta per fedeltà al dovere.


"Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri
e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita,
Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno
che non sa perché va a morire
popolo che muore in guerra "perché mi vuole bene"
"per me" nei suoi sessanta uomini comandati
siccome è il giorno che tocca morire".
(da "Con me e con gli alpini")


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