Giuseppe Ungaretti: “Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”


Nato in Egitto da genitori italiani nel 1888, Giuseppe Ungaretti si interessò fin dalla giovane età alla letteratura francese ed italiana contemporanea, appassionandosi a scrittori come Rimbaud, Leopardi, Nietzsche e Baudelaire. 
Si trasferì a Parigi per studi letterari e filosofici, entrando presto nell’ambiente culturale dell’epoca, stringendo amicizie con moltissimi scrittori e artisti,  e unendosi alla rivista italiana Lacerba, di stampo anarchico e modernista. 


Convinto interventista, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, Ungaretti si arruolò volontario nella fanteria, e venne mandato a combattere nel Carso.
Questa esperienza così drammatica ci è raccontata da Ungaretti in una raccolta di poesie scritte in trincea, pubblicata nel 1916 con il titolo “Il Porto Sepolto” in sole 80 copie e successivamente amalgamata alla successiva, celebre raccolta “L’Allegria”, in cui compaiono alcune delle sue più celebri poesie riguardanti la guerra (Veglia, Fratelli, I Fiumi).
Ritornato a casa, divenne professore e giornalista, e continuò a scrivere opere e poesie piene di una profonda umanità per tutta la vita, culminando con "Il Dolore", scritta in seguito alla tragica morte del figlio.

(Soldati sul Carso)

Ad oggi, le poesie di Ungaretti rimangono una delle più intense ed originali testimonianze letterarie italiane della Grande Guerra, non solo grazie al loro stile poetico innovativo, ma specialmente per la capacità che hanno di convogliare l’esperienza umana della trincea, fatta di paure enormi e ancora più infiniti desideri. Un’esperienza scioccante, che tuttavia gli permette di raccontare che, sdraiato accanto al cadavere di un compagno, “Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”.


"Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni"
("Sono un poeta", da "Vita di un uomo")


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