La partita con il male è nel cuore stesso dell'uomo: Elena Bono

Proseguiamo la lettura di "Una valigia di cuoio nero", secondo romanzo della trilogia "Uomo superuomo", che racconta la storia di Tycho, giovane SS, e della sua famiglia.

Come per Henry Von L., l'ufficiale tedesco protagonista di "Come un fiume come un sogno", il primo episodio della trilogia di Elena Bono, anche Tycho ha una ferita mai rimarginata che ha segnato la caduta nel suo abisso di nichilismo: l'idillio adolescenziale tra lui e Nanette, la figlia di suo zio Gunther, bruscamente interrotto quando la ragazza lascia la Germania insieme ai genitori per trasferirsi in Sud America. Nanette vuole bene a Tycho e, soprattutto, non smette di volergli bene anche quando capisce che è stato lui a bruciare vivo Karl, lo scoiattolo di casa. L'amore di Nanette, nell'unico periodo in cui Tycho sembra felice, è l'esperienza che per un attimo tiene il destino oscuro di Tycho in sospeso, la testimonianza di una possibilità diversa, della Grazia che, entra nel territorio del diavolo offrendo all'uomo una via d'uscita. Ma alla perdita di Nanette Tycho reagisce fuggendo da casa per entrare nel "convento" segreto delle SS.

(Head Study No.1-Mark Demsteader)
Nell'ultimo drammatico colloquio con il padre, Tycho è profetico: «Noi gassiamo la gente, dite. Facilmente reversibile: la vostra gente si autogasserà, non dubitate!». Tycho sa quello che dice, sa che il nazismo non è il male, ma solo la sua terrificante conseguenza. Il terreno fertile in cui è cresciuta la malapianta del totalitarismo nazista (e di quello comunista) è lo stesso in cui ancora oggi, tra mille inquietudini, l'illuminista uomo occidentale sta costruendo il suo futuro, anche se l'industria di morte vigente non è quella dei lager e l'abisso verso il quale camminano le masse non sono i forni. Ma il mondo in cui il culto della forza e il consumismo alimentano la strisciante filosofia che conduce all'adorazione del Nulla, del Non Essere; un mondo in cui il potere e l'alienazione attraverso il consumo sono la risposta alla sofferenza della condizione umana, a quel dolore al quale non esiste alcun rimedio perché allo sguardo della persona è sempre più negata la possibilità di guardare oltre l'oggi e di vedere quel "dopo" che è il solo antidoto al Nulla.

Nei libri di Elena Bono, la risposta alla tentazione del nulla sta nella riappropriazione della dimensione eterna di una coscienza «assai più vasta di tutto il cielo stellato», da parte di un’umanità che, conscia della propria finitezza, sia capace di interpretarsi come progetto ulteriore, sintonizzata sulla frequenza d’onda della trascendenza. Non a caso paragonata ad Eliot e a Dostoevskij, la scrittrice ha riportato la partita con il male nel cuore stesso dell’uomo, scommettendo sul coraggio di una libertà capace di rispondere al male con l’amore, anche a costo dell’annientamento e del sacrificio. Il sì assoluto a Cristo, come vittoria sul No assoluto all'uomo.


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